Intervista esclusiva a Daniele Catini, il regista che ha diretto Massimiliano Morra in “Le faremo sapere”

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Perché questo film?

Questo cortometraggio è nato a seguito di un bando indetto da R.A.S.I. (Rete Artisti Spettacolo e Innovazione) in cui la tematica da affrontare riguardava L’arte e il precariato. Da regista e ancor prima da attore ho sempre sofferto, come tanti miei colleghi, la precarietà dell’artista: Lavoro esiguo, contratti miseri e promesse sempre più aleatorie. Questo progetto filmico “LE FAREMO SAPERE” mette proprio in evidenza il vissuto precario, che ogni artista deve affrontare. L’amore per l’arte non basta, bisogna anche vivere concretamente. Quante volte l’attore – come il protagonista di questo progetto, magistralmente interpretato da Massimiliano Morra – deve fare i conti con un mondo tanto bello quanto provvisorio, non garantista. Quanto spesso l’artista deve trovare altro per vivere e quindi non avere più spazio per l’arte? Ecco, in questo lavoro ho cercato di dare risposte, di sottolineare quel bivio in cui spesso l’attore deve scegliere dove andare, quella scelta che attanaglia ogni artista; quasi un dubbio amletico traslato nel valore del perseverare e quindi restare, o lasciare da parte la propria arte per vivere solamente. Questo film vuole dare risposte e coraggio a chi lotta con resilienza per difendere la propria dignità e professione artistica.

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Perché hai scelto una star della fiction degli scorsi anni? Cosa hai visto in Massimiliano Morra?

Ho avuto modo di conoscere personalmente l’attore Massimiliano Morra in altre situazioni lavorative. Ho subito carpito il suo grande spessore professionale e soprattutto umano, caratteristiche fondamentali per un attore. In questo progetto ho pensato proprio a lui che, come tanti altri attori, ha vissuto proprio dopo il successo questa precarietà. Inserire Massimiliano Morra in questo progetto per me è stato non solo un onore, ma anche il superamento di tanti pregiudizi che abbiamo in Italia. Spesso un attore legato al mondo della fiction non viene chiamato al cinema. Secondo me un attore bravo merita di lavorare a prescindere. Ho trovato in lui una persona caparbia, empatica con la quale ho instaurato un rapporto lavorativo di fiducia. Sono soddisfatto di come è riuscito a dare emozioni al personaggio del mio cortometraggio. In ultimo io tendo a scegliere i talenti, e in questo progetto Massimiliano ha dimostrato di come potrebbe essere un valore aggiunto nel panorama del cinema.

Avevi visto i suoi film?

Si. Ho avuto occasione di vederlo soprattutto nella fiction “PUPETTA”. Ho sempre apprezzato la sua presenza scenica. Devo riconoscere però che ad oggi ha raggiunto una maturità artistica, a mio avviso, molto più interessante e intrigante.

Ci racconti la tua storia da regista?

Prima di intraprendere il mondo della regia nel 2010 circa ho fatto l’attore per molti anni. La passione per la scrittura legata al mondo dell’attore mi ha fatto porre la domanda di come sarebbe stato tradurre le mie storie in immagini. Da lì è partito questo meraviglioso viaggio nel mondo della regia cinematografica. In questo percorso ho realizzato diversi progetti tra cui cortometraggi, videoclip e spot pubblicitari. Ho sempre pensato che grazie al cinema i miei pensieri insieme ai miei personaggi potessero vivere con maggiore coraggio e senza quel pregiudizio sociale che ogni giorno si dovrebbe combattere. Il mio modo di fare cinema, quasi politicamente scorretto, vuole essere in realtà socialmente corretto, amato, accettato. Una visone, la mia, che vuole dare poesia anche a tutto ciò che viene considerato scandaloso, fuori dagli schemi. Un percorso che diventa sempre più esigente e provocatorio, al fine di stimolare una reazione che, necessariamente, porta l’essere umano ad una maggiore consapevolezza di sé e degli altri senza pregiudizi sociali.

Riferimenti a qualche regista?

Come sempre non si parte mai da nulla, ma si assorbe sempre da una propria sensibilità e cultura cinematografica. Ho sempre amato e apprezzato la filmografia di Pedro Almodovar in quanto il suo modo di fare regia – anche nelle situazioni più scomode – viene fatto non tralasciando, quasi mai, la poesia del racconto. In quel coraggio in cui vivono i personaggi dei suoi film, ritrovo il mio umile punto di partenza.

Riferimenti ad attori e attrici?

Partendo sempre dalla filmografia di Almodovar sono follemente attratto, artisticamente parlando, da Penelope Cruz. Un’attrice carismatica, carnale e che riesce a cogliere l’anima dei personaggi che vive. Un attore che amo molto è Alessandro Borghi per la sua grande capacità di trasformarsi in ogni personaggio che affronta; un talento autentico. Diego 36enne laureato in economia e commercio, ma da sempre attore di professione – dopo l’ultimo provino di cui non ha avuto ancora nessuna risposta – decide di cambiare lavoro per avere, anche se minimo, uno stipendio sicuro. Diego prova con un colloquio per una rinomata banca. Appena varcata la soglia del palazzo gli squilla il cellulare: è la produzione dell’ultimo provino fatto 20 giorni prima che gli comunica di presentarsi al call back per il ruolo di Amleto.

DT

 

Diego si presenta al provino; lo passa e, non appena esce dal palco, dietro le quinte, lo chiama la banca per la firma del contratto. Ora Diego dovrà scegliere come proseguire la sua vita. Qualcosa di inaspettato lo porterà a continuare nel mondo che ha sempre sognato.

MOTIVAZIONE DEL PROGETTO

Il progetto cinematografico prende a prestito il titolo la frase che spesso l’artista deve sentirsi dire dopo un provino “LE FAREMO SAPERE”. La motivazione principale del progetto riguarda la precarietà non solo economica dell’artista (attore in questo caso) ma l’instabilità emotiva che comporta un lavoro tanto meraviglioso e importante come questo, quanto falsamente considerato. Una parte della società pensa al ruolo dell’artista come colui che vuole solo esibire il proprio ego, un qualcosa che viene considerato più come un capriccio che un effettivo lavoro.

MOTIVAZIONI REGISTA DEL CORTOMETRAGGIO

Il regista Daniele Catini vuole denunciare – attraverso il cortometraggio “LE FAREMO SAPERE” – la precarietà dell’artista, sempre più evidente nel panorama artistico italiano. Un sistema in cui il lavoro dell’attore e quello dell’artista in genere non ha il giusto peso e la giusta considerazione. Il percorso cinematografico di “LE FAREMO SAPERE” mette in evidenza proprio la difficoltà nel continuare verso un lavoro tanto bello, quanto precario. Il tema che viene affrontato nel progetto filmico riguarda proprio la scelta: da una parte pensare ad un’altra occupazione più remunerativa per poter vivere, e dall’altra parte la direzione del cuore e l’amore per l’arte da cui, una volta entrati, non si riesce più ad uscirne. Il regista vuole focalizzare l’attenzione per la resilienza e la perseveranza dell’artista nel non abbandonare mai la propria direzione, cercando sempre di lottare per quello in cui si crede.

 

 

 

 

 

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