Il nuovo lavoro editoriale di Carmen Trigiante: “La prigione delle Favole Sole”

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La prigione delle Favole Sole”. THRILLER PSICOLOGICO INTROSPETTIVO, NOIR DELL’ANIMA, che affronta i temi legati ai soprusi nell’universo dell’emancipazione femminile.

​”Qual è il limite oltre cui i sogni si trasformano in spettri, i desideri in ossessioni, l’esistenza in polvere”. Una regista di horror, accusata di aver evirato un produttore cinematografico, viene torturata e assassinata nella periferia di Bari, con un rito medievale riservato alle streghe.

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L’agghiacciante ritrovamento del cadavere fa rivivere al commissario Maya Desìo, esperta in grafologia giudiziaria, l’ombra di un ineffabile segreto che attiva un legame oscuro con la vittima, in un vortice di autolesionismo: si intrecciano le Favole pestate, la prigionia dell’ardore di vendetta, il desiderio di riscattare l’amore, sfuggendo il fantasma della follia. Analisi freudiane e grafologiche gettano tinte fosche sui rapporti di amore e odio della regista con un noto psichiatra, e scoperchiano il vaso delle pulsioni che trascinano Maya Desìo in una relazione atavica con un uomo di spiccata capacità introspettiva, ma dalla condotta bipolare.

«Non avrebbe spento quella voglia, in grado di bruciare l’anima. Sarebbe rimasta a sussurrare il desiderio che mai avrebbe pensato di provare: sospeso, maledetto, negato e osceno».

POSTFAZIONE dell’AUTORE. Storicamente, la caccia alle streghe ebbe matrici diverse, riconducibili all’odio verso quella tipologia femminile che poteva opporsi ai centri di potere. Dalla prima donna accusata di stregoneria, la filosofa greca Ipazia, nel 415 d.C., fino ad Anna Goldi, l’ ultima condannata a morte in Europa nel 1782, si contano circa quarantamila vittime (Levack).

Anche se le esecuzioni sono finite da oltre due secoli, continuano i soprusi contro le nuove streghe, protese a combattere, in famiglia, nel lavoro e nei rapporti sociali, le logiche del capitalismo sessista che cela una idea stantia della donna: obbligato strumento di riproduzione della specie, in corsa contro il tempo per garantire gli eredi alla società e provvedere alla propria autoaffermazione, ond’evitare di diventare un parassita sociale. L’Istat riporta che oltre sei milioni di donne, nella fascia di età 16-70 anni, abbiano subito violenza, dalle forme più gravi dell’abuso fisico (schiaffi, pugni, calci, morsi, strangolamenti, ustioni e torture che richiamano i trascorsi medievali) a quello psicologico, allo stalking, al mobbing.

Un incendio devasta il cuore di chi subisce o assiste inerme a soprusi che difficilmente possono trovare giustizia. Le tracce non sono colmabili e la società mostra i segni delle prevaricazioni, nelle tensioni emotive che scuotono l’inconscio. I personaggi del romanzo incarnano questa drammatica verità: le loro Favole, isolate, tagliate fuori dalla realtà, sono destinate alla distruzione in un mondo che le sfrutta e le violenta.

Perseverando nell’usare l’odio come strumento di risoluzione dei conflitti, giungono alla catastrofe psicologica. Nella dialettica hegeliana la sintesi è la risultante dell’interazione tra Io e Non-Io. Non potendo l’Io stravolgere l’ambiente, ma solo apportare un contributo affinché i cambiamenti avvengano nel tempo, deve operare scelte appropriate che evitino uno scontro cruento col Non-Io, nel quale risulterebbe perdente.

Da un’esistenza preda della frustrazione, si salverà, quindi, l’anima non spenta dalla paura, ma capace di svincolarsi dalla logica della rivalsa e orientarsi verso una prospettiva diversa: «Quella dei filosofi. O degli animali» per contribuire al miglior cambiamento possibile. Un cambiamento lento, ma inesorabilmente attestato dalla Storia che tende a reimpostare la società in un’ottica postantropocentrica, nel rispetto della donna, dalla Natura e degli Altri umani e non umani.

www.carmentrigiante.com

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