DITUTTO. Intervista Esclusiva all’artista pop LUDMILLA RADCHENKO: “Io non disegno ciò che piace, ma ciò che sono!”

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L’artista new entry nel Progetto Artisti Mag

 

di Iolanda Pomposelli

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Ludmilla Radchenko nasce ad Omsk (Siberia) nel 1978 e, fin da adolescente, frequenta corsi d’arte. Slanciata e indiscutibilmente bella, nel 1997 conquista la fascia Miss Fascino al concorso di Miss Russia. Nel 1999 si diploma in design nella moda e, giovanissima, lascia l’amata patria per approdare in Italia. Gli anni successivi la vedono protagonista tra passerelle, grande e piccolo schermo, calendari, reality e conduzioni televisive. Il mondo dello spettacolo, della moda e del cinema l’attraggono, ma la sua vera passione è l’arte, così, nel 2007, torna al suo primo amore. L’anno seguente arriva anche il grande amore: dalla relazione con Matteo Viviani nascono due bellissimi bambini, Eva e Nikita. Moglie, mamma e artista super impegnata: Ludmilla è un treno in corsa e non smette di stupire.

Ludmilla Radchenko negli ultimi anni ha esposto in molte mostre internazionali, sia private che pubbliche, e non a caso è considerata una delle esponenti più interessanti del Pop Realism. La sua arte è indubbiamente narrativa rispetto alla Pop art che, per antonomasia, rinuncia al contenuto dando priorità all’oggetto o al soggetto iconico.

Lungo il suo percorso artistico, con grande tenacia e determinazione, è riuscita ad affermarsi nel panorama dell’arte contemporanea. Nel 2010, nelle librerie Feltrinelli, il suo primo catalogo, dal titolo “Power pop”. A distanza di quasi un decennio, decide di aderire al programma internazionale PROGETTO ARTISTI MAG, il cui scopo principe è quello di dare visibilità, a 360 gradi, agli artisti contemporanei.

A dicembre, negli spazi della Life Art Gallery di Battipaglia, una delle tre gallerie in joint venture con la Mediolanum Art Gallery per il Progetto Artisti Mag, Ludmilla Radchenko espone ben 19 opere.

 

Signora Radchenko, dell’arte contemporanea oggi si parla poco o, forse, non abbastanza. L’arte ha bisogno di essere fruita, spiegata e compresa. Per questo la Mediolanum Art Gallery si fa portavoce di tanti artisti che da soli avrebbero difficoltà ad orientarsi e promuoversi in questo ambito, sia a livello nazionale che internazionale. Qual è stata la spinta che l’ha portata ad aderire a questo prestigioso progetto?

Più che altro è stata un’occasione giusta nel posto giusto! Ho già lavorato nel passato con il gruppo MAG. Loro conoscevano già il mio lavoro iniziale, ed è proprio grazie a quella collaborazione che ho cominciato camminare verso un percorso solido. Sono passati 10 anni, sono cresciuta insieme alle mie opere, arricchendo il mio curriculum. Diciamo che gli ultimi anni mi hanno fatto sentire finalmente riconosciuta anche dai grandi addetti del settore. Sono diventata un’artista indipendente, lottando contro i pregiudizi e dimostrando che mi sto impegnando seriamente. All’inizio nessuno avrebbe scommesso su di me! La proposta di Mag mi ha entusiasmato molto: lo considero uno step successivo nella mia formazione artistica.

Nella galleria Life Art Gallery, come abbiamo detto, espone 19 opere. Sono tutte legate da un unico filo conduttore?

Direi che è stato Mirko Mele ad identificarlo senza nessun mio suggerimento! Ed il filo è proprio dedicato alle mie “essenze artistiche”, quelle che, forse, mi hanno resa riconoscibile; i miei contenitori POP riempiti con energia, amore ed entusiasmo, un qualcosa che mi riempie dalla testa ai piedi. Sono sempre stata una sognatrice e le mie opere sono alchimia della mia felicità, ironia e provocazione.

Quale tra queste tele reputa sia la più rappresentativa del suo percorso artistico?

Tutte le opere sono i miei bambini: circa 700 realizzate in 10 anni. Ogni serie appartiene ad un periodo che segna la mia vita. Io non disegno ciò che piace, ma ciò che sono! E cambio sempre, sperimento, cerco. Nell’ultima serie KOMPOT probabilmente ho trovato quel codice che cercavo da un po’. Mi ritrovo molto sia nel concetto sia nella tecnica. Questa serie la sento proprio mia. L’opera, però, che amo più in assoluto è Contemplation, quel drago bianco che guarda l’universo… quasi apocalittico. Il mio slogan è: “I am my past, my present and my future… Time is You”. Significa che siamo noi che costruiamo la nostra base, e non possiamo cancellare o sfuggire al nostro passato che ci rappresenta e ci forma. Tutti dobbiamo vivere il presente, assaporare ogni minuto, godere ogni istante, perché il nostro tempo è ora, il nostro tempo siamo NOI stessi e come ci rapportiamo con il mondo esterno. E’ quella la sensazione che ci rimane di non averlo sprecato inutilmente! Ovviamente, poi, bisogna sognare in grande il nostro futuro, essere positivi e credere in sé stessi e nelle persone che ami. Ogni giorno fa parte della nostra storia, e la storia si crea sono grazie a noi stessi, passo dopo passo.

Tra le opere che fino ad ora ha realizzato, qual è quella a lei più cara?

Tra queste penso STILL&SPARKLING Water, perché è un mix tra l’artista e la mamma che c’è in me. È stata una performance con mia figlia Eva (7 anni). Un’emozione unica perché vedevo lei super entusiasta. L’opera è un’interpretazione di due caratteri e due visioni diverse: uno stabile e allineato, l’altro pazzo, frizzante, espansivo. Durante la realizzazione del quadro, ‘sentivo’ le nostre similitudini, le caratteristiche diverse, ma anche la forte essenzialità. Inoltre, in questa opera ho trovato quella leggerezza che mi è mancata in alcuni periodi.

E quella che le ha dato più soddisfazioni?

Domanda difficile! Forse My Opinion, il dito medio che ho fatto grazie a un’esperienza personale, postata ad Art Miami e poi entrata nella collezione d’arte di un attore. L’opera in sé è stata molto significativa per me: mi ha dato modo di sfogarmi e ha segnato il nuovo periodo della mia tecnica del collage, acrilico e resina. Ho raccolto tutti gli involucri dei prodotti di consumo unendoli in un mucchio di “spazzatura pop”, e ho messo una ciliegina sopra il mio dito medio, scrivendo CHARING YOUR Opinion. Un mix tra Sharing e Cherry… molto spesso gioco con le parole.

Ha esposto a Monaco, Amsterdam, New York e Miami. Queste esperienze, hanno influito in qualche modo sulla sua visione artistica?

Essere internazionale ti porta ad essere per forza poliedrica, osservare molto e assorbire diverse culture. Ogni nazione ha un gusto diverso e anche una visione della bellezza molto variegata. Gli Stati Uniti soprattutto mi hanno influenzato molto come mondo di consumo! Alla fine NY è stato sempre il mio sogno. Posso dire che ho radici decisamente russe, considero l’Italia la mia casa… e diciamo che con l’arte ho scoperto America!

La sua arte è più trasgressiva o più provocatoria?

Entrambe. Adoro provocare, mettere i doppi sensi di lettura, sconvolgere le scritte! Durante la biennale del 2012 presentai l’opera con un water. Chiesi a Sgarbi di firmare l’opera dove desiderava… e lui ha firmato sotto ‘Viva la Topa!’ – Ludmilla si lascia andare ad una sonora risata e continua – L’arte deve far parlare, discutere, provocare e dare emozioni. Altrimenti non esisterebbe. Io urlo, rido, parlo e mi diverto. L’arte per me è fonte di energia! Nella vita sono molto regolare: vita sana, lavoro costante… e ho anche lo stesso marito da 10 anni!!! Almeno mi sfogo nella mia arte!

Lei è un’artista trasversale capace di mixare l’arte contemporanea con quella moderna; regala nuova vita ad oggetti storici, come per esempio i bauli, rendendoli attuali attraverso un design originale e dal sapore vintage per poi, passare ai tessuti che permea con diverse espressioni artistiche. Sono mezzi per mettere in comunicazione idee nuove con la cultura del passato, ponendo al centro dell’attenzione lo straordinario e intrigante dialogo dell’arte?

La mia PopArt si applica in diverse sfere, dal design al cibo, ma soprattutto nel fashion. Spesso mi capitano delle collaborazioni con diverse aziende con le quali creo delle capsule collections, contaminando i loro prodotti già esistenti con le mie grafiche. Creo le stampe estrapolando le immagini dalle mie opere! Quindi l’opera è la base di tutto. L’Art Reborn è proprio la mia passione! Mi piace tantissimo ridare una seconda vita ad oggetti ormai dimenticati e, devo ammettere, che a livello manuale mi insegna moltissimo!

 Nel 2010 ha realizzato una mucca gigante per la Cow Parade, ormai accolta dalle metropoli di tutto il mondo per promuovere l’arte pubblica, realizzata non solo da artisti affermati, ma anche da emergenti. Ci parla della sua installazione?

È stato il mio primo sperimento nel confezionare l’arte pubblica. La mucca commissionatami da un gruppo di una grande catena (alimenti/ristoranti) è stata esposta in una galleria pubblica, in centro a Roma. Questa opera mi ha portato verso una tecnica che mi ha aiutato a sviluppare altri progetti di grandi dimensioni, come la macchina da cucire gigante con la performance in via Manzoni, di fronte all’hotel Armani, e una moto in vetro resina di grandezza naturale per la associazione che aiuta a proteggere il Codice della strada!

 Descriva con un aggettivo cosa la distingue dagli artisti contemporanei?

Penso che oltre ad essere molto indipendente come artista, sono anche poliedrica e curiosissima di sperimentare. Come detto prima, riporto la mia arte sulla superficie di vari prodotti e oggetti, così è nato anche il mio brand Siberian Soup Fullart. Il nome proviene dalla famosa Campbell Soup di Warhol, il simbolo della PopArt, e FullArt come pieno d’arte proveniente dal foulard che è proprio il prodotto che rappresenta le stampe delle mie opere d’arte su cashmere e seta. Così sono nati i miei FullArts, arte da indossare!

 I sui foulard rappresentano il connubio tra gli studi d’arte e quelli come designer di moda?

È stata una bellissima coincidenza. Ho studiato arte e design, e proprio il mio percorso mi ha indotto a inventare i foulard! Senza volerlo, sono diventata anche la designer del mio brand e delle capsule collections che creo e firmo per gli altri brand. È una delle mie soddisfazioni più grandi: riuscire ad applicare nella vita reale gli studi che ho fatto. E’ bella la consapevolezza che il tempo speso per studiare poi ti torna molto utile!

Ci parla del suo studio aperto nel 2011 a Milano?

PopArtStudio è la mia seconda casa. Adoro il mio spazio perché mi permette di crescere lì dentro. Tanti progetti, incontri, soddisfazioni; ore e ore di lavoro e sperimentazione. Pensare che prima era un negozio dove si vendeva tutto a 99centesimi! L’ho trasformato nel mio mondo positivo pieno di colori. Mi dispiacerà cambiarlo dopo 10 anni! Ma dovrò per forza fare anche questo passo!

Sogni nel cassetto e prossimi progetti?

I progetti sono come degli step in qualsiasi percorso. Ne realizzi uno e ne compaiano altri nuovi e sempre più complessi che ti portano a perfezionare la tua tecnica e arricchire le tue esperienze! Prossima tappa Miami Art Basel, ormai per il sesto anno consecutivo: qualche mostra pubblica e istituzionale e un paio di capsule da firmare con due brand noti in diversi settori. Ma il vero progetto di evoluzione personale è il corso del disegno giapponese, per crescere nella mia tecnica, raggiungendo l’essenzialità che mi rende più matura nell’ espressione artistica. 

 

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