ESCLUSIVO. GIOVANNI MANZONI UN ITALIANO D.O.C DALLA CIUDAD DE LOS NIÑOS

adv    

“Dalla Bolivia a Bergamo, l’inizio di un’origine”

 

Cari Umani, la “Mission Impossible”, che mi era stata assegnata, mi chiedeva di individuare l’origine di un Big Bang che s’intreccia con i caldi colori dell’Italia D.O.C. E’ stata dura, ho dovuto interpellare i fratelli a 4 zampe europei che si sono messi in contatto con i fratelli di tutto il mondo e specie e alla fine, tra una zampata e l’altra, dalla lontana Bolivia, il mio fratello Lama, mi ha indirizzato verso il sospettato. Con un escamotage, sono riuscito a farmi aprire le porte del suo incredibile nascondiglio e a catturarlo, e dopo una lunga chiacchierata, tra un bau e l’altro, sotto la minaccia costante del suo fedele compagno, fratello a 4 zampe, sono riuscito a farlo parlare. La risposta al quesito è: “Giovanni Manzoni”

adv

La tua arte è una sintesi contemporanea dell’energia caotica del dripping alla Jackson Pollock. Questa è la definizione con la quale s’interpreta Giovanni Manzoni. Ci spieghi però cosa vuol dire?

Dunque, la spiegazione di questa frase è perchè mi piace radunare tre artisti, tre movimenti che hanno rappresentato il  nostro secolo. Le macchie veloci di Jackson Pollock che lui butta sulla tela bianca, si uniscono a  macchie nere che si risaltano a vicenda , e sono come forme dettate dal caso. Il muralismo di Diego Rivera, dove ci sono figure di persone, operai, capitalisti, tutti radunati insieme, sono fatte convivere in uno spazio tipico dell’horror vacui tipico di Michelangelo nella Battaglia dei Centauri. Riempiono così tanto lo spazio che creano quel senso di “caos ordinato”. La confusione data dalle  tante figure si unisce al dinamismo, ricordando appunto le macchie di Pollock, il muralismo messicano con tutto il suo calore umano si mischia al rinascimento di Michelangelo: ho voluto ricercare il connubio fra queste tre fasi.

E’ corretto dire che tu non sei un pittore ma un disegnatore?

Penso proprio di si. Penso che ai pennelli, sono stato iniziato da mio padre che è un pittore pittore, a modi vecchio stile, che se la viaggia in giro, cavalletto, pennello, colori ad olio, trementina. Invece a me piace la comodità del posto sul treno,  dello studio, del tavolo casuale, metterti li e disegnare, che sia un taccuino o un foglio grande, quella è la cosa che più mi piace. Anche nell’arte, mi piace più la fase progettuale rispetto al lavoro finale con tanti passaggi che a noi ci sfuggono, mentre il disegno è la cosa più veloce per tutti anche di comprensione.

Nelle tue opere, la forma e i corpi si fondono, questo vuol dire che hai una Musa particolare che t’ispira?

La Musa particolare..va di periodo in periodo. Ogni volta che ascoltiamo delle belle canzoni o guardiamo degli artisti, abbiamo naturalmente il pensiero di chissà chi ha ispirato tutto questo ed è difficile che ci sia una musa che ispiri per tutto l’arco della vita. Anche nel caso della Musa di Dalì, Gala, ha accompagnato altri pensieri. Lo stesso è per me, quando incontro una persona, la posso trovare bellissima, e magari è una persona semplicissima, però può rientrare nel mio disegno. Quindi le muse sono tutti, diciamo.

Il tuo disegno è a mano libera nella sua naturale funzione. Cosa s’intende per Naturale e cosa per Funzione?

Questa è una domanda un po strana che non mi hanno mai fatto. Funzione, diciamo che posso prendere ad esempio un Andy Warhol per spiegare la funzione, che ha detto una delle frasi più ciniche e cioè. Non è più importante il quadro più bello, più funzionale, ma lo è quello più replicato, che a sua volta diventa più funzionale, ad esempio la Gioconda, non è il quadro più bello di Leonardo, però è quello più funzionale perché ne è il più replicato. Lo stesso lui lo ha applicato nei suoi lavori che non erano un granchè ma sono stati replicati all’infinito, in modo che lui è diventato un’icona di se stesso, Questa è la funzionalità. Mentre invece la Naturalezza del quadro è quella che riguarda tutto quello che c’è dietro, il dietro le quinte.

Osservare per te presumo sia fondamentale. Perchè?

Gli artisti non rifanno mai la realtà per quello che è, perchè se no, non si chiamerebbe arte. Quando si fa una foto ad esempio ad un albero, il giorno dopo guardando la foto rivedi l’albero come è nella realtà, Se chiedi ad un artista di disegnare lo stesso albero, lui lo disegna per come se lo sente dentro.

Lavorare in sinergia cosa vuol dire?

E’ una cosa fondamentale ma non di adesso, è dei tempi che furono, perché abbiamo tutto quello che abbiamo nella storia dell’arte italiana, perché c’è stato un grande connubio di forze. Le grandi botteghe che hanno creato una sinergia unica. Adesso c’è un tipo di sinergia diversa che si sintetizza in molti differenti modi. Un esempio di funzionale sinergia, per me è Studio Azzurro ha creato una sinergia con persone diverse e hanno creato un prodotto unico, dosando bene ogni ruolo. Per quanto riguarda me, le sinergie, riguardano più o meno sempre me stesso. Faccio un lavoro molto semplice che riguarda la struttura della crescita del disegno. Le sinergie sono intese come collaborazioni di persone esterne che ti fanno crescere, su questo posso parlare di giovani mecenati, ovvero le imprese, le aziende, che sono i nobili di 500 anni fa. Come un nobile di 500 anni fa, che  commissionava un’opera, o un ritratto di famiglia, adesso oltre al ritratto di famiglia i committenti possono avvalersi degli artisti per magari dare prestigio alle loro aziende. Questo non vuol dire piegarsi all’azienda come fanno i fotografi o le agenzie pubblicitarie inserendo il loghetto della fabbrica, o fare l’operaio della fabbrica ridipinto, vuol dire che l’azienda crede nell’immagine dell’artista e lo appoggia a tal punto di fondere la propria immagine aziendale con l’artista stesso. Questo è fondamentale per l’arte.

Che rapporto hai con le tue origini?

Ehhh, le mie origini sono come un albero con un po do di tagli alle radici, perchè non so nulla delle mie origini. Per i primi 10 anni della mia vita, sono stato affascinato da quello che viene chiamato Albero Genealogico, pensavo che quello servisse alla scoperta delle mie origini, poi crescendo ho scoperto che venivo dal nulla. Vengo da un paese chiamato Cochabamba  in Bolivia e sono stato trovato sotto un monumento chiamato la Coroniglia, ecco questa è la mia origine. Non so chi sono i miei genitori, non so chi sono i miei veri nonni, non so nulla di nulla. Dopo aver sorpassato questo ostacolo, mi sono imposto che sono io la mia origine, è un po duro, però è anche una bella responsabilità. Cerco di fare il meglio, in modo che qualcuno quando dirà il mio nonno, il mio avo, il mio albero genealogico il tutto sara iniziato con me.

Un Big Ban umano?

Hahhaha, sì bel paragone.

Che rapporto hai con noi amici a 4 Zampe?

Mi piace molto leggere gli aforismi di Conrad quando parla degli animali, perché è quella persona che riesce a capirli fra tutti meglio. Lui è uno di quelli che dice che Non puoi dire di essere stato amato, finchè non hai un cane. o forse era Schopenhauer  Quella è un’altra visione dell’amore che tanti non capiranno mai, perché non hanno la fortuna di avere un cane. E’ amore incondizionato. Secondo me questa può essere la partenza della civiltà,amare in maniera incondizionata senza aspettarsi nulla ma avere tutto allo stesso tempo.

La tua attenzione per l’umano è sia nelle forme che nelle sue deformazioni. Quali sono le deformazioni alle quali ti riferisci?

Bella questa domanda. Le deformazioni umane prese letteralmente è tutto il rinascimento e manierismo, anche il seguito. Raffigurativamente parlando, quando disegno, le mie figure vengono deformate in positivo, come quando Botticelli allunga i colli e non li fa reali, li deforma, non li fa reali, appunto per dare maggior attenzione. Io avendo come ispirazione il rinascimento in primis, prendo un corpo magari femminile e lo idealizzo esaltandone le forme, l’anatomia, i valori della schiena, le scapole che s’inarcano, le mani che toccano il collo e gli occhi che si spera sempre che con il disegno, acquisiscano profondità maggiore, magari rispetto ad un occhio pallido reale…

E’ corretto dunque se io ti dico che nel tuo disegno, nella deformazione dei tuoi disegni, ciò che tu stai interpretando, intravedo l’aspetto sentimentale, riesci a portare fuori il sentimento di ciò che vedi?

Si assolutamente si, non potrei fare altro. Questa è una semplice realtà. Ma questo è un aspetto di chiunque disegni, non tipico mio. Idealizziamo ciò che vediamo.

So che presto le tue opere si potranno vedere anche in Corea, come mai?

Si, sono stato contattato da un artista coreano, che insieme ad un gruppo di imprenditori, stanno costruendo delle nuove realta’ europee nelle isole Jeju, un’isola vulcanica e stanno costruendo una piccola svizzera  . Un polo che si chiama Swiss Village, dove sarà inserita una chicca di arte italiana, e mi hanno coinvolto per organizzando una mostra personale da loro che inaugurerà il 1 novembre .

Ma come si fa ad arrivare ad essere contattati e addirittura dalla Corea?

Ho partecipato ad un programma televisivo ideato dal giornalista Milo Goj, dove c’erano 10 artisti in questa sorta di reality, dipingevano e creavano davanti alle telecamere e lì, sono stato notato da questo ragazzo coreano. Poi mi ha chiamato e abbiamo iniziato a collaborare. Ha comprato qualche  lavoro, e mi ha portato a conoscere le realtà svizzere con le quali lui ha a che fare, e mi ha portato nella galleria di Locarno di Ermio Sciolli. Ci siamo ritrovati a pranzo circondati da opere di Peter Greenaway  insieme a pezzi di epoca romana e artisti contemporanei.

Che consiglio daresti alle Gallerie italiane?

Dico che sarebbe ora che credessero di più a quello che piace al popolo e non a quello che piace alla critica.

I critici spesso fanno critiche a pagamento e le gallerie d’arte si avvalgono di questi critici per portare avanti un artista piuttosto che un’altro. Come si può indicare alle persone il giusto valore artistico?

Noi veniamo fuori da un percorso dagli anni 80 agli anni 90 che sono stati dominati dalla critica. Il film Basquiat,rappresenta uno spaccato idealizzato. Fra tutti i film in cui si  parla d’arte, è forse quello che più si avvicina alla realtà. In quel mondo  funzionava che un Andy Warhol prendeva sotto la sua ala uno sconosciuto, coinvolge altri critici, altri galleristi potenti e si vendeva la cosiddetta Mela marcia, e proprio perchè la Mela era sostenuta dai potenti dell’arte, facevano si che il collezionista che non aveva tempo di andare a controbilanciare se era veramente una mela marcia e quindi la prendeva e magari per tanto tempo questa mela marcia, rimaneva nei musei crescendo di valore. Adesso siamo nell’epoca dove un ragazzo di 30 anni collezionista, imprenditore, entra in una galleria, e gli viene detto che quell’opera è di un artista bravissimo, questo imprenditore ora ha il potere di controllare il valore, la quotazione, il must, gli articoli su l’artista, gli scritti e ha anche la possibilità di reperire il numero di telefono dell’artista. Quindi se la galleria gli dovesse dire che l’opera ha un valore di 10mila, il collezionista con una semplice telefonata diretta all’artista può contrattare un prezzo differente. Dato che ora le gallerie non fanno più dei contratti come quelli degli anni 80 dove potevano tenersi stretto l’artista, è logico che l’artista decide di tradire, sotto un certo punto di vista la galleria, perché la galleria non gli dà più i mezzi per sostenersi da solo Detto questo, le gallerie continuano a proporre e produrre, l’amico dell’amico, fregandosene del Jack Vetriano di turno che invece fa numeri grossi e piace. Patricia Armocida è una gallerista che applica la funzionalità. Ha un gusto che si avvicina al gusto conferamato dalla societa piu che  alla singola critica. Poi è tutta una conseguenza, perché se tantissime persone ne parlano, i critici prima o poi sono costretti a parlarne, ma non il contrario come nel caso di Damien Hirst. Se Hirst fosse stato deciso dal popolo, non gli sarebbe stato permesso di tagliare uno squalo, metterlo in formalina ed in esposizione, invece con la collaborazione con le gallerie e dei critici, questo gesto bruttissimo è diventato invece un gesto del quale tutti ne dovevano parlare.

 Un mercato che si allontana molto da quello di Vetriano il Cartolina Man?

Si certo, lui fa quadri che piacciono così tanto, che anche chi non può permetterseli, compra stampe su stampe di lui , allargando il gusto di questo artista, che si rifà del semplice gesto di dipingere ciò che gli piace. In Italia abbiamo il soffitto più bello del Mondo, la Cappella Sistina, abbiamo gli artisti più importanti e poi nelle accademie, a chi vuole imparare a dipingere, gli viene detto di prendere come esempio, Picasso, Braque, Boccioni, persone che hanno fatto percorsi troppo personali per essere presi come esempio e soprattutto in una scuola. Quindi andiamo in una galleria e vediamo persone che si stancano di vedere le stesse cose e vanno solo se c’è un bel buffet, se c’è un vip di turno, se c’è quella distrazione per non guardare le opere d’arte, mentre invece bisognerebbe andare per gustare solo le opere d’arte e soprattutto per comprarle.

In America invece come funziona?

L’America è un mercato più elastico, senza coefficienti, senza parametri, ovvero, se un artista fa un quadro da 10×10 cm, e decide di venderlo a un cifra sproposita può farlo, se ne fa uno da 2×2 mt e decide di venderlo a 200 dollari, può farlo,. A differenza dell’Italia dove vige la legge del cm quadrato ..

Perchè il caffè è così fondamentale per te?

Ho iniziato ad utilizzare il caffè quando frequentavo l’Accademia, per esperimento. Tanti iniziavano e poi lo lasciavano. Io sono rimasto affascinato, non sono originalissimo, non voglio avvalermi di cose che non sono mie, però, mi piace l’idea del caffè che scaldi i corpi che io disegno. E poi si avvicina anche al mio colore naturale. Io guardo tutti i quadri rinascimentali, e per quanto belli, vedo tutti color caucasico, colori molto chiari. Mentre guardo artisti contemporanei che utilizzano questi colori caldi, e mi piace vedere personaggi di varie etnie nei miei quadri, il caffè permette anche questo. Il fatto che sia naturale, invece di utilizzare un composto chimico come l’acrilico, l’olio e di far diventare una cosa che magari aveva pochissimo valore prima, come il fondo di un caffè, riuscire a dargli ancora valore. Questa è una piccola magia dell’arte.

Sei un Made in Italy D.O.C.?

Eh sì, tranne il profilo, tranne la faccia reale.

Chi è Giovanni Manzoni?

Sono Cittadino italiano, vivo in Italia da quando avevo 18 mesi,, sono stato adottato dalla famiglia Manzoni di Bergamo. Questa famiglia è stata 2 anni in Bolivia, tenendo decine e decine di bambini e quando sono tornati in Italia, mi hanno portato con loro.

Come mai hanno scelto te?

Io non ero uno dei bambini che tenevano. Sono andati in Bolivia, attraverso un progetto che si chiama Citta dei bambini (ciudad de los ninos), un progetto Bergamasco, dove molte persone volontari e non , si preoccuparono   di bambini che non potevano avere i genitori ad occuparsi di loro tutto il giorno. I bambini venivano cresciuti nella Città dei Bambini, andando a scuola ed insegnandogli un mestiere e ad essere indipendenti. Questo 36 anni fa. Man mano le cose si sono sviluppate. Ora il tutto si è allargato e gli edifici sono piu numerosi come i mestieri che si insegnano . Da decine di bambini ora si parla di migliaia. I miei genitori non potevano avere figli e hanno deciso di adottare me, che vivevo in un orfanotrofio. Praticamente hanno ricevuto una telefonata anonima la quale gli diceva che sotto il monumento della Coroniglia, il monumento dedicato alle donne, c’era una culla con un bambino dentro, abbandonato. Loro sono venuti, avevo pochi giorni e non avevo niente di niente che potesse individuare la mia provenienza, la mia origine.

Sei più tornato alla Città des los Ninos?

Di recente, mi ha contattato il Presidente del  Celim (che è legata alla nascita dell’associazione), tramite il Presidente Giovanni Marini, per rifare con i miei disegni,  le pareti di questa associazione e io sono contentissimo che dopo 36 anni riuscirò a dare a loro, qualcosa che loro hanno iniziato a darmi appunto 36 anni fa, con l’opportunità in questo bel paese Italia, ma anche là in Bolivia

adv