Wolverine – Mondo Mutante

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Quello dei fumetti è un gioco inebriante. Se poi si è uno sceneggiatore che trasforma in oro tutto quello che tocca, è ancora più esaltante. Così è accaduto a Stan Lee negli anni Settanta, quando cominciò a pensare ai suoi supereroi.

 

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Era un buon momento per i Comics, successivo alla crisi provocata dal libro dello psichiatra Fredric Wertham: Seduction of the Innocent, in cui si accusavano i comic books di soggiogare i giovani innocenti e di portarli sulla cattiva strada tramite il fumetto – “La lettura dei fumetti ha certamente avuto una sua influenza in ogni ragazzino malato o delinquente che io abbia incontrato.” scriveva il Wertham.

Il libro ebbe un enorme successo e fu seguito da convegni in cui i fumetti, prima venivano demonizzati, e poi bruciati in un sabba liberatorio. Ghettizzato dall’infamia del sentire comune, il fumetto tornò a essere permesso solo attraverso il filtro del severo codice di autoregolazione introdotto dalle stesse case editrici: il Comics Code Authority. Nelle pagine disegnate non appariva più nulla che avrebbe potuto generare turbamento alcuno nei lettori.

Quando Stan Lee iniziò a pensare ai supereroi, il Codice però non c’era ancora più, e il peggio era passato. Si poteva riprendere a giocare; e per giocare Lee scrisse due nuove regole, fondamentali e di successo: la prima, è che i personaggi avrebbero avuto uno sfondo reale per le loro avventure, delle vere città vere. La seconda, è che la loro vita sarebbe stata illuminata da un ammonimento costante, dato dal gravare dei superpoteri nella loro e altrui vita. Il resto divenne un puro gioco, una combinazione di elementi simili e contrari, da proporre a dei super personaggi che agivano individualmente o in gruppo.

Solitudini, sensi di colpa, rimorsi, e sconfitte sempre brucianti; Stan Lee s’era divertito un mondo a spostare i pezzi del suo puzzle neo mitologico, a proporre la sua idea con infinite variazioni. Nacquero così i primi X-Men.

Essi erano composti da Iceman (muta forma in ghiaccio), Ciclope (energeta ottico), Angelo (Levita forma) e Bestia (iper forza) e Marvel Girl (telecineta e telepata). La squadra è guidata dal Professor Charles Xavier, la cui mobilità è limitata da una paralisi ma che, telepaticamente, comunica a distanza con tutti. Le forze, così ben distribuite, consentono un gioco di variabili infinite contando, anche, su antagonisti all’altezza.

In seguito gli X-men subirono trasformazioni radicali. La più significativa quando Marv Wolfman, direttore della Marvel alla metà degli anni Settanta, intuì che l’idea X-Men era ancora tutta da sviluppare, e nel 1975, fa nascere una nuova formazione, in collaborazione con gli sceneggiatori Len Wein e Chris Claremont. Degli originali mutanti rimangono attivi solo Ciclope e Marvel Girl: nascono il tedesco Nightcrawler, il russo Colosso, l’africana Tempesta, lo scozzese Banshee, l’apache Thunderbird e il più famoso di tutti, il canadese Wolverine.

Ognuno vive intensamente il dramma psicologico delle sua diversità: il loro corpo, diventando adulto, ha iniziato a mutare in una metamorfosi simile a quella di Gregor Samsa di Kafka. Non si tratta di godere dei superpoteri e di sentirne le responsabilità, come in Spiderman. Qui, in una delle variabili del gioco creativo, i poteri diventano una vera e propria maledizione: gli X-Men si rivolgono al Professor Xavier come fosse il leader di un gruppo di assistenza: quello dei “superuomini anonimi”. Da tutto e da tutti, si devono difendere gli X-Men: dalla paura che il proprio fisico subisca ulteriori e incontrollabili trasformazioni; dai loro nemici e anche dal mondo, che non li ama. In Giorni di un futuro passato Claremont parla chiaro: ci sono politici che pur di raccogliere voti sono disposti a mettere al primo posto del programma elettorale la lotta contro di loro, i diversi. “Sapete chi sono i vostri bambini?”, tuona il candidato anti mutante di fronte a una folla in delirio.

Stan Lee voleva chiamarli appunto “i Mutanti”. Ma di fronte all’obiezione dell’editore (“… Nessuno sa che cosa siano i Mutanti”) cambiò il nome. Quello nuovo, fu subito accettato – e Lee continua ancora a chiedersi perché mai: “Chi diavolo diavolo sa invece cosa siano gli X-Men?!”. Però “X-Men” funziona proprio bene. Per la “X”, la stessa del professor Xavier, la stessa di eXtra: eXtrapoteri, eXtraterrestri, eXtracomunitari, la “X” di chi si firma senza sapere scrivere. La “X” di chi non ha un ruolo, un posto, un nome, un diritto.

È anche la “X” di comICS, dei fumetti; spesso e volentieri discriminati, calunniati e vilipesi. “Sapete cosa leggono i vostri ragazzi?”, gridano certi candidati o psichiatri in cerca di facili consensi, di interviste sui giornali, di apparizioni in TV. Evidentemente non leggono fumetti: altrimenti avrebbero capito quanto inebriante è il loro gioco.

Christian Imbriani
La scheda

Illustrazione Christian Imbriani

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