STEVE JOBS

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STAY HUNGRY. STAY FOOLISH

5 Ottobre 2013… sono passati ormai due anni da quel 5 Ottobre 2011 che ha portato via a tutti noi uno degli uomini più illuminanti del nostro tempo, o forse di sempre: Steve Jobs.

Fino a quel giorno per me Jobs era solo il grande fondatore di Mac, l’uomo che aveva rivoluzionato la vita di tante persone, e che aveva anche sconvolto la nostra concezione di telefonino, con la creazione dell’iPhone, per me era questo lui, non sono mai stata una nerd, a volte rimpiango la mia scarsa cultura tecnologica, per me Lui era l’uomo del futuro, era questo, ma ad un tratto viene messo in onda un suo discorso alla cerimonia dei diplomi ai laureandi di Stanford, il 12 Giugno 2005, e lui il più famoso genio mai laureato, incantò la platea con un discorso eccezionale.

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Raccontò tre storie della sua vita e non soltanto i giovani che erano presenti, ma anche tutto il mondo rimase in silenzio ad ascoltare il più grande esempio di vita e forza di volontà che si sia mai avuto.

 

La prima storia narra dei “puntini della vita”, lui dice che tutto ciò che accade nella nostra esistenza, avviene per un motivo ben preciso, anche se nel momento in cui succedono certe cose, non si ha la forza, né la possibilità di guardare al futuro per vedere ciò che esso ci riservi. E così racconta della sua infanzia, della madre giovane studentessa che lo da in adozione, dei primi genitori adottivi che rinunciarono a lui perchè volevano una bambina, e dei suoi genitori che invece, fecero molti sacrifici per permettere a lui un college che presto lasciò. Povero, costretto a dormire sul pavimento dell’abitazione di alcuni amici, costretto a mangiare un pasto serio solo una volta alla settimana, non smise mai di credere nel suo sogno, e nel suo discorso disse così: “All’epoca per me era impossibile unire i puntini, perchè è una cosa che non si può fare guardando avanti, al futuro: la linea che collega i puntini si vede solo dopo, guardandosi all’indietro. Però si può, si deve sempre avere fede che, in qualche modo, nel futuro, i puntini si uniranno. Si deve credere a qualcosa: al destino, alla vita, al karma, a qualsiasi cosa. Perchè credere che alla fine i puntini si uniranno ci darà la fiducia necessaria per seguire il nostro cuore anche quando questo ci porterà lontano dalle strade più sicure e scontate , e farà la differenza nella nostra vita.”

La seconda storia di cui parla Steve Jobs, riguarda l’Amore e la perdita. A vent’anni fondò con Steve Wozniak la famosa Apple, nel garage dei suoi genitori, per dieci anni i due hanno lavorato con fiducia e senza mai fermarsi, prima di fare arrivare la loro piccola azienda, a una compagnia da 2 milioni di dollari, con oltre 4 mila dipendenti, ma a trent’anni, nel 1985, dopo aver realizzato il Macintosh, fu licenziato, proprio da colui che aveva scelto per far guidare la sua azienda, e si ritrovò senza un lavoro, a dover cominciare da capo. In un primo momento lo sconforto, prese il sopravvento, ma poi realizzò che era ancora innamorato di quel sogno e del suo lavoro, quindi ricominciò da capo, con maggiori conoscenze di prima, e un più grande stimolo, dovuto forse anche all’età. Così a 35 anni fondò la NeXT e poi un’altra azienda, la famosissima Pixar, e si innamorò anche di una donna meravigliosa, sua moglie, che nonostante non fosse un genio dei computer come lui, nonostante non sapesse nulla di quello che lui faceva, lo supportò sempre ad essere migliore, a fare di più, nonostante questo togliesse tempo alla loro storia d’amore, perchè si sa dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna.

Lui disse: “bisogna trovare quello che amiamo. E questo vale sia nel lavoro che negli affetti. Il lavoro occupa una buona parte della nostra vita e , l’unico modo per essere realmente soddisfatti, è di fare quello che giudichiamo un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che facciamo. Chi ancora non l’ha trovato, deve continuare a cercare. Non accontentarsi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quandolo troverete. E, come tutte le grandi storie d’amore, diventerà migliore mano a mano che gli anni passano”.

 

La terza storia che raccontò, riguarda la morte. Parlò di una frase che lesse quando era ancora adolescente che diceva di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, perchè un giorno sicuramente avrebbe avuto ragione. Così per 33 anni visse con questo motto, finchè quando, un giorno, la diagnosi di un tumore al pancreas, gli fece capire cosa voleva dire vivere realmente ogni giorno a massimo.

“Il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo sprecare vivendo la vita di qualcun altro. Non facciamoci intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati di pensiero di altre persone. Non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschi la nostra voce interiore. E, cosa più importante, dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione, in qualche modo essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario”.

 

Finì il suo discorso parlando di una rivista famosa quando era giovane,  “The whole Earth Catalog”, una specie di Google cartaceo, che arrivata a fine percorso, pubblicò nell’ultima pagina, la fotografia di una strada di campagna di prima mattina. Sotto la foto c’erano queste parole:

 

“STAY HUNGRY. STAY FOOLISH”

 

E a proposito di questa frase Steve Jobs disse: “ Stay hugry. Stay foolish, io l’ho sempre augurato a me stesso. E adesso lo auguro a voi. Stay hungry. Stay foolish”.

 

Grazie Sir. Jobs, non solo per tutta la tecnologia creata, per le grandi intuizioni, per aver cambiato il nostro mondo, ma anche e soprattutto per questa grande lezione di vita.

 

 Francesca Barbato

francesca.maria.barbato@gmail.com

 

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