Intervista ESCLUSIVA al giovane attore MAURIZIO MATTEO MERLI al suo debutto come regista.

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Oggi DiTutto vi propone l’intervista esclusiva al giovane attore Maurizio Matteo Merli, figlio del celebre attore del genere poliziotteschi degli anni ‘70.

La mia vita è legata alle vecchie tradizioni che mi ha trasmesso mio padre – ha dichiarato l’attore – è importante riscoprire il valore delle proprie radici

Maurizio Merli, che dopo il positivo riscontro di pubblico e di critica del suo primo cortometraggio intitolato “Pizza Marconi”, presentato lo scorso novembre presso il Cinema Lux a Roma, si sta preparando al debutto dietro la macchina da presa con due progetti cinematografici importanti:  “Il primo degli ultimi” e “Murphy”. Maurizio Matteo nasce a Roma il 20 luglio del 1981 e già giovanissimo inizia il suo percorso professionale entrando nell’Accademia di arte drammatica “Pietro Scharof”. Nella sua esperienza artistica vanta la collaborazione con grandi maestri come Flavio Bucci, Gianluca Ferrato e Marina Malfatti.

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Nel 2006 lo abbiamo ammirato nella fiction per la rete Rai, che ripercorre la vita di Papa Luciani, diretta da Giorgio Capitani, registrando un notevole indice di ascolto. Successivamente il regista Claudio Fragasso, che si rivelerà anche in futuro essere per Maurizio un punto di riferimento, lo vuole nel cast del film “Milano–Palermo il ritorno”, e nel 2010 Maurizio sarà anche tra i protagonisti del film di successo in tutto il mondo “Le ultime 56 ore”.

Questi progetti segnano un passaggio  importante nella carriera del giovane attore che a distanza di sei anni si arricchisce con la partecipazione nel cast del film “La grande rabbia” diretto dallo stesso Fragasso.

Per celebrare il forte legame con suo padre, scomparso prematuramente all’età di 49 anni, Maurizio tre anni fa decide di fondare la casa di produzione cinematografica “Father&son” con la quale ambisce ad arrivare anche al mercato estero.

Maurizio Merli ha anche partecipato lo scorso 26 novembre alla ricca kermesse cinematografica “Fantafestival” con la presentazione del mediometraggio “L’uomo nella Macchina da Presa” diretto dal regista Michele De Angelis e di cui è protagonista.

L’affascinante Maurizio si è voluto raccontare ai nostri affezionati lettori rivelandosi un professionista dall’indiscusso talento ma soprattutto un uomo dalla grande sensibilità, umanità e modestia.

Come nasce l’idea del tuo primo cortometraggio e cosa racconta?

Il corto “Pizza Marconi” è nato da un’idea di Daniele De Rosa e Fulvio Riganti, soci di Cinemalfa e Father&son e vuole raccontare la storia di una piccola realtà romana, quelle delle gare automobilistiche del quartiere dell’Eur. La pellicola è un’opera diretta, delicata e vera e ci tengo a sottolineare non è un inno alla velocità, la morale finale è infatti educativa. Tra l’altro“Pizza Marconi” è dedicato ad un amico recentemente scomparso Gianluca Petrazzi (famoso stunt coordinator), e che per me e parte della troupe era come un fratello.

Nel 2002 il regista Daniele Vicari con il lungometraggio “Velocità massima” affida a Valerio Mastandrea il compito di affrontare la realtà delle corse automobilistiche clandestine cercando di far emergere il tema della disoccupazione. Qual è in “Pizza Marconi” il punto di svolta rispetto al precedente lavoro cinematografico”

Quando mi sono trovato a lavorare su questo corto la mia preoccupazione più grande era proprio quella del  confronto con il film di Daniele Vicari. Il piazzale dell’obelisco, una Delta HF integrale tutto ci riconduceva inevitabilmente a quella pellicola. Il mio impegno, a parte quello di raccontare la piaga della disoccupazione che era oresente anche nel fortunato film con Valerio, era quello di concentrarmi più che altro su un sogno. In fondo si tratta di un sogno e di come si desiderava che andassero a finire le cose attraverso il racconto di uno sfortunato venerdì sera. Nessuna pretesa, non avevamo nemmeno la struttura per poter realizzare o andare a scopiazzare un film che ha riscosso un notevole successo!

Due figli d’arte alla regia, Simone Sabani ha diretto insieme a te infatti questo corto. Come nasce la coppia artistica Merli-Sabani?

La nostra amicizia è nata nel 2010 sul set del film diretto da Claudio Fragasso “Le Ultime 56 ore”, il mio primo ruolo da coprotagonista al cinema. Aveva perso da poco il papà, e lottava per emergere mi ha ricordato il mio percorso, ho sentito di dovergli stare vicino, inoltre in quel periodo io stavo diventando anche papà e l’istinto paterno ha avuto il sopravvento. Ora è uno dei soci della Father&son insieme a Valerio Ricci e Michele Ricci e diciamo è la mia coscienza ahaahhaha.

Come è stato lavorare con lui?

Simone prima di tutto è una persona buona ed onesta e poi è anche un eccellente attore, Ho avuto il piacere di dirigere Simone nel mio secondo corto intitolato “Fedeltà” in un ruolo che gli è valsa anche una nomination come miglior attore al “Napoli cultural classic”. Credo sia un attore molto preparato versatile ma sottovalutato, molti artisti sono come i 100 euro che distrattamente non noti per terra, spero io per primo di dargli presto una buona occasione!

Ti aspettavi un così grande riscontro dalla realizzazione del tuo cortometraggio “Pizza Marconi”?

No non me l’aspettavo.  Ero molto concentrato da diversi mesi sulla mia opera prima, “Murphy” appunto, poi è arrivato “Pizza Marconi” un progetto che sembrava camminasse da solo realizzato in soli 4 giorni. Quando ho iniziato a lavorarci su mi sono reso conto che poteva essere davvero un cortometraggio particolare riuscendo a strutturarlo come unpiccolo film. La difficoltà che inizialmente ho incontrato è stata quella di accorpare tutti i passaggi della sceneggiatura in soli 12 minuti con l’obiettivo di portare un messaggio bello e importante. Non ti nascondo che mi sono emozionato molto quando due persone mi hanno confessato che durante la proiezione del corto dopo il quinto minuto se ne stavano andando dicendomi che si sentivano presi in “giro” da me e dal cortometraggio quando poi si sono resi conto che il contenuto era molto diverso…. Ora voglio godermi questo momento e poi mi preparerò a fare il resto.

Cosa vuoi trasferire sul grande schermo con la tua prima sceneggiatura “Murphy”?

Murphy è una sceneggiatura molto particolare. Incarna gli stereotipi del cinema che a me piace e mi diverte fare cioè quello d’azione legato alla black commedy.  I protagonisti del film sono dieci personaggi le cui storie si intrecciano e alla fine l’uno dipende dall’altro legati da una sorta di catena. Ho voluto raccontare i vizi e le virtù del nostro paese con una narrativa che si vede ancora poco in Italia. “Murphy” si allinea a tutti quei film di nuova concezione di cinema.0.  Siamo in concorrenza con prodotti di alto profilo e  se vogliamo ottenere un riscontro importante abbiamo la necessità in Italia di realizzare prodotti che vanno alla ricerca di un nuovo modo di raccontare e di fare cinema.

Come nasce invece l’idea de  “Il primo degli ultimi”?

Il progetto “Il primo degli ultimi” è esploso da solo.  E’ partito dal mio primo cortometraggio  “Pizza Marconi” e subito ha vissuto di vita propria.   Dopo l’enorme successo riscontrato con il corto grazie a queste due sceneggiature, molto ambiziose e interessanti, alcuni addetti ai lavori hanno deciso di puntare su di me. Il mio obiettivo è quello di cercare di realizzare le due pellicole nel migliore dei modi.

Hai già deciso dove verranno ambientate le scene?

Le riprese dei lungometraggi saranno concentrate in quattro location che stiamo individuando. Per quello che riguarda “Il primo degli ultimi” le scene verranno girate tra Roma e la Regione Puglia al confine con la Campania. “Murphy” sarà una co-produzione  e dall’Italia stiamo facendo dei sopralluoghi sull’isola Maltese, Valletta, Isola di Gozo per definire il tutto.

Nel 2010 sei entrato a far parte del cast del film diretto da Claudio Fragasso intitolato “Le ultime 56 ore” che esperienza è stata?

Un film difficile e bellissimo tanti ricordi per una pellicola uscita in un periodo sbagliato e che raccontava cose che dopo poco sarebbero divenute di dominio pubblico. Nel lungometraggio “Le ultime 56 ore” finalmente un personaggio completo e complesso con il ruolo che meritavo.

Nel 2016 invece ti abbiamo ammirato nel film “La grande rabbia” diretto dallo stesso Fragassi. Perché hai scelto più volte di essere diretto dallo stesso regista?

Curiosamente in televisione ho lavorato con diversi registi e tra i più riconosciuti, in cinema le cose più importanti le ho fatte con Claudio, e quando in un’occasione ho avuto la fortuna di scegliere ho sempre scelto Claudio. “La grande rabbia” è il nostro film, io Claudio e Rossella Drudi, sceneggiatrice e moglie di Claudio, abbiamo fatto i salti mortali, Claudio aveva l’urgenza di raccontare una storia diversa voleva tornare alle sue origini in parte, e Roma in quel momento offriva un’occasione interessante di degrado sociale. Detto fatto dopo un mese Rossella aveva scritto Claudio era pronto io e Miguel Gobbo Diaz, il mio partner nella pellicola, pronti in trincea. Ne è uscito uno spaccato a tratti poetico di degrado, giravamo in contemporanea con “Non essere cattivo” e “Suburra il film”, due film eccezionali, noi non avevamo quei budget, cercavamo un altro punto di vista, molto più banale di Suburra e con un taglio più documentaristico. Sembra un film francese per certi aspetti. “L’odio di Kassovitz” è stata la nostra ispirazione.

Cosa di questo regista apprezzi maggiormente?

Come ho detto prima ci siamo sempre stimati e rispettati, e la nostra amicizia continua nel tempo siamo sempre in contatto e ci sosteniamo anche se non lavoriamo ad un progetto comune. Claudio Fragasso mi ha insegnato tanto e gli devo tanto, la riconoscenza è importante nel nostro lavoro ce ne dimentichiamo molto spesso. Nei suoi film sapeva cosa potevo dare ma sapeva soprattutto che avrei dato tutto senza risparmiarmi. Claudio è un pezzo da novanta alcuni suoi film sono e rimarranno dei cult quindi non credo io debba giudicare il suo talento ma apprezzo tanto la sincerità dei suoi film, tu sai cosa ti aspetta guardando un suo film e lui anche in condizioni precarie di budget non ti delude mai. E’ un tecnico e un generale sempre pronto alla battuta sul set. Lui dopo tanti anni fa cinema altri solo chiacchiere.

Cosa ti ha spinto oltre al legame affettivo a creare la Casa di Produzione Cinematografica Indipendente la Father&son?

Ho sempre avuto il desiderio di creare una piccola isola felice, fatta da gente che ama il nostro lavoro, aperta a tutti. Ho impiegato 5 anni a renderla finalmente attiva, pronta e responsabile. Certe cose non si improvvisano. Siamo una realtà ora arriva il difficile dovremo meritarci il nostro posticino.

La scomparsa prematura del tuo papà non ti ha permesso di vivere appieno il rapporto con lui, se avessi la possibilità di parlare oggi con lui cosa gli diresti?

Credo che ora ci troveremmo l’uno di fronte all’altro a parlare dell’uomo che lui è stato e che uomo e padre sono invece diventato io.

E’ stato difficile per Maurizio bambino crescere senza la figura maschile più importante?

Ho avvertito fortemente la sua mancanza in piena adolescenza età in cui si ha particolarmente bisogno di un confronto con un padre. Lui spesso era fuori per lavoro ma quando era a casa stavamo sempre insieme era un uomo davvero speciale

Ed oggi invece cosa di lui ti manca di più?

Gli scazzi e le coccole, qualche parolaccia e qualche racconto…di donne probabilmente!

Poggio Catino (Ri) è il paese dove tuo padre amava trascorrere le vacanze e il tempo libero con la famiglia infatti è sepolto proprio lì. Cosa oggi ricordi con maggiore affetto di quel periodo?

La casa a Poggio Catino perché rappresenta la mia famiglia. E’il posto dove scappo appena posso evadere da Roma. Per me, mio padre, mia madre e mia sorella questa casa era un rifugio e dopo la morte di papà abbiamo iniziato a viverla in maniera diversa ritornando a fare tutte quelle cose legate alle tradizioni tra cui la raccolta delle olive.

Ti capita di ritornarci spesso quindi?

E’ più facile trovarmi a Poggio Catino che a Roma dove risiedo abitualmente. Mi piace far vivere ai miei figli una realtà diversa dalla città e tutto ciò che ruota intorno. Voglio che loro crescano con delle scene di vita quotidiana semplici che poi sono quelle più belle, un padre che si alza presto la mattina e si sporca le mani per raccogliere le olive per esempio oppure sistemare un mobile.

Quali sono i ricordi dei momenti vissuti insieme a lui che conservi gelosamente?

Ho sempre davanti agli occhi l’immagine di mio padre nel periodo della raccolta delle olive con l’olio fresco appena franto che sistemava nei grossi contenitori. Ricordo anche la sua forte passione per il ciclismo che insieme ad alcuni amici lo spinse a creare una piccola associazione attraverso la quale si organizzavano delle lunghe pedalate partendo da Poggio Catino e percorrendo buona parte di tutto il territorio sabino.

Quali sono i luoghi a cui sei più affezionato e perchè?

Sicuramente sono molto legato a Poggio Mirteto e Poggio Catino perché mi ricordano il “Carnevalone” e durante il periodo estivo le numerose feste e fuochi d’artificio e poi anche Roccantica e Cantalupo per le amicizie che sono riuscito a coltivare e mantenere nel tempo.

L’identità di una collettività passa attraverso le attività produttive, i rituali, la cucina, i modi di vivere e di pensare in relazione con il proprio ambiente. Quanto è importante tutto questo per te?

Io provengo da una famiglia molto semplice e per questo motivo sono molto legato a tutta una serie di rituali e di situazioni che portano a questo tipo di convivialità. Nella mia carriera avrei potuto ottenere anche di più ma come mio padre sono un artista che non ama molto partecipare alla vita mondana preferisco il rapporto con le persone che non hanno nulla a che fare con la mia realtà lavorativa. Il migliore amico di mio padre era un meccanico ed io come del resto ha fatto anche lui ho sempre cercato di portare avanti il mio lavoro attraverso il rapporto con la gente semplice.

Potresti in un futuro pensare di realizzare anche dei lavori cinematografici che valorizzino i meravigliosi luoghi del centro Italia a cui sarai sicuramente legato?

Assolutamente si Patrizia! Dopo la realizzazione dei due lungometraggi “Il primo degli ultimi” e “Murphy” la cui distribuzione nelle sale cinematografiche è prevista per la fine del 2019 inizierò a lavorare su un altro progetto cui gran parte delle riprese si svolgeranno proprio nella nostra meravigliosa Sabina.

Così giovane sei già papà di due bambini. A cosa non rinunceresti mai per la tua famiglia?

Alessandro e Gabriele sono la mia vita. Siamo un triangolo noi tre…e diciamo siamo una famiglia allargata. Per i miei figli ho rinunciato al mio lavoro. Dopo “Le ultime 56 ore” e nel momento decisivo della mia carriera mi sono dedicato a loro…quindi si rinuncio a tutto per loro.

 Cosa cerchi di trasmettere ai tuoi figli?

I valori e le proprie radici che purtroppo oggi stiamo via via perdendo. Non dimentico mai il proverbio “dimmi da dove vieni e ti dirò chi sei” le nostre radici sono troppo importanti non dobbiamo mai dimenticarle.

Altri progetti futuri?

Anche se in questo ultimo periodo mi sto dedicando prevalentemente alla regia non voglio accantonare la carriera di attore sto valutando infatti una proposta per un film di azione che mi diverte molto perché al posto della pistola il protagonista utilizza una catana.

Concludiamo la nostra intervista parlando di cucina. Quale è il tuo piatto preferito?

Quando non sono a dieta, essendo un pastasciuttaro, direi senza ombra di dubbio un bel piatto di spaghetti alla carbonara!

Patrizia Faiello
Redazione Fox Production

Photo Anna Silvia Cubani

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