ESCLUSIVA DITUTTO. Intervista a PINO PERRONE, del Festival di Whisky ‘Spirit Of Scotland’ di Roma

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Partiamo dal consumatore: evidentemente c’è stata una profonda
evoluzione nella conoscenza del whisky nelle sue diverse articolazioni. Ne è una dimostrazione questo evento dedicato ai torbati…

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Registro che è un fenomeno prettamente nazionale. In realtà, girando per altri festival internazionali e avendo uno shop dedicato al whisky
proprio al centro di Roma, meta di pellegrinaggio di turisti appassionati o semplici collezionisti, la richiesta è tutt’altra. Gli asiatici, i nord europei, gli americani, non amano affatto i whisky cosiddetti torbati. In Italia invece richiama molto, come in Francia. Di qui la necessità di accontentare i fruitori con un evento di questo tipo, ad alto contenuto di polifenoli. Ricordo che in Scozia le distillerie che torbano il proprio malto sono circa il 10% e non sono neppure fra quelle che hanno maggior capacità produttive.

Una veloce panoramica dell’universo torbati
Si, veloce poichè impiegherebbe molto tempo. Innanzitutto quando si parla di torba si parla di ppm (parti per milione) di polifenoli e il grado di torbatura che indicano le distillerie è quella dell’orzo maltato e non quella del whisky, ben più bassa! Si va dagli whisky appena torbati, con 2/3 ppm, a quelli mediamente, con 8/15 ppm. Quando questo valore supera i 35, siamo in presenza dei torbati. Di recente, la presenza di whisky che superano i 100 ppm e in un caso arriva a 250, ha fatto sentire la necessità di aggiungere un fortemente torbato.

I consigli per un servizio ottimale
Bicchiere a tulipano, il migliore per un approccio al whisky nella sua purezza e una temperatura di servizio adeguata, sui 18 gradi, sono le principali. I torbati inoltre tollerano ancor meno le alte temperature, per cui teniamone conto. Io di mio aggiungo il fattore tempo. Concediamo al whisky il tempo necessario per potersi esprimere appieno.

Come riconoscere un prodotto di alta qualità? Qualche consiglio da chi se ne intende
Beh, è un percorso che bisogna intraprendere. All’inizio ci sembrano tutti di qualità. Poi quando ci confrontiamo con i superiori… Diceva Einstein: “La mente che si apre a una dimensione nuova, non torna mai alla precedente”. Per nostra fortuna ci dimentichiamo quanti elogi elargivamo a cose che assaggiate ora ci sembrano banali. In questo, se abbiamo preso appunti all’epoca, vorremmo distruggerli. Mi diverte ogni tanto leggere i giudizi scritti da alcuni blogger, ora affermati, quando erano alle prime armi. Comunque, io cerco essenzialmente due cose: una ricchezza di aromi, piacevoli al naso – più sono e più mi gratificano – e un’analoga ricchezza in gustativa che dev’essere accompagnata da intensità e lunga persistenza. L’eco dell’emozione provata deve essere lunghissima.

Il whisky è ingrediente di molti cocktail classici. E i torbati?
Per la verità di non così tanti e laddove usato erano non interverenti. Per questo si preferivano bourbon e ora rye. I torbati hanno creato qualche problema all’inizio ma ora se ben bilanciati possono essere tranquillamente utilizzati. Inoltre, i gusti delle persone tendono a cambiare. Assisto sempre più di frequente ad affumicature indotte nei cocktail, come quelli molecolari, o, laddove si utilizza del the, quale il Lapsang Souchong, che per l’appunto è affumicato. Quindi perchè no i torbati?

Consigli per il barman (conservazione ecc).
Difficile dare un consiglio a un barman. Pur non conoscendo la rotazione
delle bottiglie che utilizzano, se i distillati hanno meno necessità di
conservazione (naturalmente se passano gli anni e la bottiglia è meno
della metà, l’ossigeno fa la sua parte), i liquori ne hanno più bisogno e i vini ancor di più. Alle volte ho visto trattare tutto alla stessa stregua. Slainte!

Dt

 

 

 

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