ALESSANDRO MANZONI

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Ritratto Manzoni

Signor conte…

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Ma che conte e conte. Chi siete, cosa volete?

Mi scusi se la disturbo, caro Maestro (mi permetta almeno di chiamarla così, per deferenza), ma veda, io sono salito fin quassù per parlare con lei: avrei delle domande da farle…

Ancora un’intervista impossibile? Ma non v’è passata questa noiosissima mania di importunare il prossimo nell’aldilà? Non vi basta  infastidire la gente nel vostro paese?

Lei ha ragione, signor conte, ma…

Ho detto che qui non ci sono né conti né marchesi: solo delle povere anime purganti. A proposito, come ha fatto ad arrivare fin qui? Il vecchio Caronte deve essere ormai rimbambito se non s’accorge che il Purgatorio è pieno di arrampicatori abusivi.

Mi compatisca, non la importunerò troppo a lungo…

Ma lei sa quanti scocciatori ho dovuto ricacciare indietro a bocca chiusa e penna asciutta? Gazzettieri, scribacchini, critici di ogni risma, medium e spiritisti. Dio ne liberi! (…) Senta, mi lasci in pace a crogiolarmi in queste fiamme.

Signor Manzoni, l’ho cercata per tutte le sette balze, inseguito dagli angeli guardiani e attraversando calche di penitenti. Sia compiacente anche in grazia del mio gravoso mestiere…

Che sarebbe?

Il professore: devo parlare di lei ai diciottenni di oggi, e le assicuro che è un compito ingrato. Mi vorrà scusare per la franchezza: dicono che lei è un “mattone”, per di più è poco attuale e divertente, e puzza di incenso…

Hanno ragione.

Come?!

Sì, dico, hanno ragione i ragazzi a pensarla così. Veda caro pedagogo, la mia peggiore disgrazia è di essere finito sui banchi di scuola fra le vostre grinfie.

Lei certo non mi incoraggia. Le assicuro che io nutro una sincera ammirazione per la sua arte e mi sono sempre preoccupato di farne conoscere la profonda umanità e bellezza. Arrosisco nel confessarle che qualcuno sbadiglia mentre si legge il Natale o l’Adelchi.

Lei vorrebbe che io dicessi: brutti tempi, caro professore, la scuola è in crisi, come la famiglia, la religione, la patria… Guardi, io non mi incornicio affatto in questo quadretto. Le ripeto: costringere dei ragazzi di tre lustri a sorbirsi il mio romanzo, e per di più con la derrata esplicatoria di maestri e commentatori vari, è un’operazione sadica, altro che! Ma fategli leggere Calvino (l’Italo, naturalmente).

 

Christian Imbriani

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