Max Papeschi: Artista per caso, ma non troppo – al Wegil la mostra: Hic Sunt Leones

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di Ester Campese

Max Papeschi autore e regista, quasi casualmente approda all’arte, nel 2008, quando, per pubblicizzare un suo spettacolo, viene notato da un gallerista sui social che apprezza i suoi collage digitali. E’ subito amore e clamore e già dalle prime esposizioni un grande successo, come nel 2010 occasione in cui una sua enorme opera viene affissa sulla facciata di un palazzo in Polonia. La gigantografia rappresenta il corpo nudo di una donna con il viso di Mickey Mouse e di fronte ad una  svastica.

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L’arte di Max Papeschi infatti è una tagliente satira che difficilmente riusciamo a collocare nella Pop Art, poiché quella trae solo lo spunto per porre all’attenzione del pubblico i mali della nostra epoca e delle grandi tragedie. Ecco dunque rappresentate le follie collettive, i dissesti provocati dal capitalismo e dalle dittature, rivelandone le conseguenze attraverso immagini provocatorie di simboli patinati e stereotipati associati a quelli dei grandi “mali”.

In poco più di 10 anni Papeschi ha fatto più di 60 mostre personali e oltre cento collettive nel mondo ed è già da tempo viene considerato uno degli artisti italiani più conosciuti ed apprezzati all’estero.  Sensibile ai temi sociali, Papeschi dal 2016 porta in tour nel mondo il progetto, nato in collaborazione con Amnesty International, “Welcome to North Korea”, che unisce arte digitale, performance e installazioni, svelando gli orrori del dittatore Kim Jong Un.

Ecco dunque non casuale la scelta di Papeschi di esporre al WeGil come atto di ripartenza di un suo nuovo progetto e simbolicamente anche dell’Italia post Covid, dando così il suo contributo ed impulso al mondo artistico/culturale.

La mostra “Ecco i leoni” apertasi il 22 luglio è stata curata da Gianluca Marziani in collaborazione con la Fondazione Maimeri ed il direttore artistico Flavia Vago. Il progetto sviluppa un tema storico legato al ventennio del fascismo collocato non a caso in questo luogo, il We-Gil, strettamente connesso a questa narrazione in quanto originariamente sede della “Gioventù Italiana del Littorio” (GIL). Interessante la modalità in cui l’artista affronta la tematica che ovviamente non prescinde dalla sua sagace derisione.

La mostra sarà visitabile fino al 31 agosto.

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