EDOARDO WINSPEARE AL CINEMA TEATRO ITALIA

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 il regista salentino presenta il suo ultimo film
“in grazia di dio”

 

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teatro2Red Carpet al Cinema Teatro Italia di Gallipoli (Le) per il regista Edoardo Winspeare e il cast del suo film  “In grazia di Dio”. Prima della proiezione del film, sul palco del Teatro il regista e gli attori sono stati intervistati  dal giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno Giuseppe Albahari che è riuscito con le sue domande, anche grazie alla simpatia di Winspeare, a trasmettere al pubblico l’entusiasmo e l’orgoglio di un film – girato interamente nel Salento –  che sta riscuotendo un grande successo di pubblico e critica in tutte le sale italiane . Sul palco anche il Sindaco di Gallipoli Francesco Errico.

 

gruppo

I ragazzi del casting DITUTTO.it con Edoardo Winspeare e il cast del film

 

I partecipanti al casting DITUTTO.it con il Sindaco di Gallipoli Francesco Errico
I ragazzi al casting DITUTTO.it con il Sindaco di Gallipoli Francesco Errico

 

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Edoardo Winspeare con Celeste Casciaro, protagonista del film (nella vita moglie del regista)
 Foto Gigi Samueli

 

“IN GRAZIA DI DIO”

Un film di Edoardo Winspeare | Con Celeste Casciaro, Laura Licchetta, Gustavo Caputo, Anna Boccadamo, Barbara De Matteis, Amerigo Russo, Angelico Ferrarese, Antonio Carluccio |Drammatico | durata 127 min. | Italia 2013.

 “Una storia piccola e semplice che contempla estasiata la complessità delle relazioni umane: il film più compiuto di Winspeare”

Non c’è concorrenza con i cinesi, così una famiglia di fasonisti (i sarti che confezionano abiti per le aziende del Nord) è costretta a chiudere la propria fabbrica di fronte ai debiti e alla bancarotta. Mentre l’unico fratello cambia paese assieme alla sua famiglia, le due sorelle tornano dalla madre in campagna, una insegue le sue aspirazioni d’attrice e l’altra che prima si occupava della fabbrica per non essere sormontata dai debiti comincia a lavorare le proprie terre. La figlia di quest’ultima infine, non intende prendere la maturità e vive tutto con atteggiamento futile e superficiale, in contrasto con ogni cosa, anche nei riguardi dell’inaspettata storia d’amore della nonna vedova con un contadino. Ci sono 4 donne nell’ultimo film di Edoardo Winspeare e molte situazioni che non si chiuderanno. Il regista riprende i tentativi di Sangue vivo mescolandoli con qualche suggestione di Il miracolo (la religione come retaggio culturale più che come culto vero e proprio) per giungere ad un’inedita sintesi all’insegna di un tipo di cinema europeo estremamente moderno e che rielabora il classicismo della narrazione (tempi dilatati, attenzione ai fatti e una grande semplicità di sceneggiatura) per mostrare una serie di situazioni senza la minima pretesa di tirarne le fila o scioglierne gli intrecci. Delle sue 4 donne (l’unico uomo della famiglia esce dal racconto quasi subito) Winspeare ammira incertezze e sicurezze, dubbi e volontà ma soprattutto sembra affascinato dalla maniera in cui 4 caratteri completamente diversi convivano al tempo stesso male e bene, conciliando accordi e disaccordi (all’insegna per l’appunto di un comune retaggio di cui la religione è solo una delle molto possibili forme). Non tutto fila locandina_filmproprio liscio, in molti punti la ricerca di una narrazione molto diretta e invisibile sfocia nei bozzetti più banali o in un semplicismo inadeguato se non quasi ridicolo e spesso la scelta espressiva di avere 4 attrici non professioniste penalizza i dialoghi, eppure guardando il film nel suo complesso è impossibile negargli la forza dei grandi affreschi umani. Unendo piccolo e grande, ambizioni minimaliste e capacità di dipingere un ampio quadro in cui le vite dei singoli si uniscono in una parabola familiare che ha il sapore di una comunitaria, Winspeare forse realizza il suo film più compiuto, l’unico capace di volare più in alto delle molte imperfezioni per cogliere l’essenza del racconto per immagini: mettere in scena la complessità del mondo e le contraddizioni di chi lo abita. Non c’è personaggio che giunga a quella che comunemente chiameremmo “una chiusa”, non c’è sottotrama che si possa dire realmente compiuta, nè carattere che subisca una reale evoluzione, tutto è in un continuo divenire e In grazia di Dio sa suggerire che questo continuo mutare non si ferma con la fine del film. E sebbene il “ritorno alla natura” non sia la più sofisticata delle riflessioni sul contemporaneo (c’è più d’un insistente riferimento all’attualità, dall’audio molto alto e molto “entrante” dei notiziari fino ai riferimenti ad Equitalia) è indubbio che il modo che Winspeare ha di guardare e far guardare questa regressione che diventa evoluzione è contagioso. È questo probabilmente il cinema più complesso da fare oggi, quello che molti cineasti europei, in una maniera o nell’altra, stanno affrontando cercando di superare le parabole narrative convenzionali senza rinunciare ad una forma semplice (e quindi classica) del racconto. Forse l’unico cinema in grado di annullare le divisioni ideologiche e le banali posizioni di buono o cattivo, bene e male, per giungere a rappresentare il reale per com’è, accettandone la complessità invece di semplificarlo per renderlo comprensibile. In grazia di Dio è un buon esempio di questo nonchè un buon film in assoluto.

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